ChatGPT, Gemini, Copilot. Sono solo alcune delle intelligenze artificiali che stanno cambiando il mondo. Un mercato da 540 miliardi di dollari che secondo le stime raddoppieranno nel 2028. A contendersi la leadership mondiale del settore tecnologico ci sono Stati Uniti e Cina.
Notizia attualissima riguarda proprio la Cina, capace di assestare un colpo micidiale alla concorrenza americana, scoprendo da pochi giorni le sue carte sulla sua nuova creatura: DeepSeek. Un modello di chatbot basato sull’intelligenza artificiale. Fin qui nulla di nuovo. Ma allora perché tanto scalpore? Il motivo principale è il basso costo di realizzazione del progetto: poco più di 5 milioni di dollari. Molto inferiore rispetto ad altre AI il cui prezzo sfiora i 100 milioni di dollari.
Sebbene DeepSeek sia stata sviluppata con costi inferiori, il risultato ottenuto è al pari delle sue
avversarie. Questo ha innescato una crisi nella Silicon Valley in California, finora regina nella corsa all’AI a suon di miliardi di dollari di investimenti. Dalla Cina, invece è arrivata una lezione di efficienza e basso costo che minaccia il modello finora seguito. Come ogni cosa c’è un risvolto della medaglia.
DeepSeek dietro la sua economicità nasconde un lato oscuro. Al download il sistema richiede informazioni private che fanno dubitare della sua sicurezza, tanto da spingere il Garante italiano
per la protezione dei dati personali a richiedere informazioni all’azienda proprietaria circa l’utilizzo
di tali informazioni per addestrare il sistema di AI e sulle modalità di informazione degli utenti sul
trattamento dei dati stessi. Il dubbio è che il risparmio economico di questa nuova tecnologia sia
tutto a spese degli ignari utenti. Cosa potranno mai fare le case produttrici con tutta questi dati
personali? Rispondere non è affatto semplice e il responso dipenderà dalle finalità di ciascuna casa
produttrice. Di certo saranno tecnologie da monitorare con attenzione. L’intelligenza artificiale potrà rappresentare una grande risorsa per le generazioni future se solo i giovani di oggi capiranno
che i chatbot non servono solo a scrivere temi o trovare soluzioni a problemi di matematica a
scuola, ma per ideare applicazioni utili alla sicurezza e alla salute dei cittadini, per ottimizzare
operazioni con grandi moli di dati e supportare lo sviluppo cibernetico.
A testimoniare l’importanza di sviluppare una strategia comune sull’AI, il dibattito apertosi durante il vertice “AI Action summit”, appena concluso a Parigi, fra i leader mondiali e le aziende coinvolte in questo mercato tecnologico. In ballo ci sono investimenti per centinaia di miliardi di euro che preoccupano, non poco, i molti protagonisti che hanno deciso di redigere un comunicato nel quale stabilire i principi sul rispetto dei diritti, tutela dell’ambiente e protezione della proprietà intellettuale per evitare così che, questo volano per il progresso, si trasformi in un’arma a doppio taglio che minacci il sistema economico mondiale.
Insomma, per una buona intelligenza artificiale servirà un’ottima intelligenza umana!
Giorgio Foglianese 2H
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