Stop al femminicidio

Sogni, speranze, famiglia, amori.
Ogni giorno una donna viene strappata al suo mondo perché vittima di
violenza. Che siano abusi fisici o psicologici, il fenomeno esiste ed è
purtroppo in aumento. A perpetrarlo sono solitamente le persone più
vicine: mariti, fidanzati, padri, amici o datori di lavoro.
Vicende che creano profonde cicatrici, a volte invisibili, ma che segnano
profondamente l’esistenza di una donna.
Aumentano anche i casi di maltrattamenti che si degenerano in vere e
proprie condanne a morte.
Come l’omicidio di Giulia Cecchettin per cui è stato ritenuto colpevole e
condannato all’ergastolo il fidanzato 25enne, reo confesso Filippo Turetta.
La colpa di Giulia è solo quella di non essere più innamorata di lui.
È andata meglio, se così possiamo dire, alla 45enne di Taranto affetta da
disturbi psichici, fatta oggetto di atti persecutori da un gruppo di cinque
uomini.
Solo per il coraggio dimostrato dalla donna nel denunciare le violenze
psicologiche sulla propria persona e anche sul figlio minorenne, si è evitata
la tragedia.
I cinque sono stati fermati dai carabinieri e rinviati a giudizio.
Molti però restano i casi non denunciati per paura o vergogna nei confronti
di una società che spesso, trasforma le vittime in fenomeni da baraccone e
non difende la libertà d’espressione e d’opinione.
Una società che oggi è chiamata a impegnarsi socialmente a educare le
nuove generazioni al rispetto reciproco, alla parità di genere e ad un senso
civico che permetta, ad ognuno di noi di vivere senza paure. Solo così, quel
contatore che registra violenze e denunce sarà sempre più prossimo allo
zero.
È una speranza ma anche un impegno per tutti noi.

Lavoro di gruppo della 2H a cura di Giorgio Foglianese

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