7 febbraio 2024 un ragazzino di quattordici anni è precipitato dal terzo piano dell’istituto superiore Savoia-Benincasa di Ancona, più precisamente da una finestra della sua aula. Aveva preso un brutto voto e una nota disciplinare. Si sentiva umiliato. Prima dell’accaduto, ha lasciato un messaggio sul suo quaderno in cui esplicitava a chiare lettere il suo sentirsi un fallimento dopo quel 2 in matematica sentito da tutta la classe. Non siamo voti. Il ragazzo non è quel 2 in matematica.
Un voto è solo un modo per valutare un lavoro scritto o un’interrogazione, nient’altro. Allora perché dopo un 4 i ragazzi pensano: “ho preso 4, allora valgo 4”? Perché se una persona prende voti brutti, si sente una persona “senza futuro”, “ignorate” o persino “stupida”? Perché la prima preoccupazione dei ragazzi, appena prendono un voto basso, è “cosa devo dire ai miei genitori?”, oppure “mamma si arrabbierà tantissimo”?
Prendiamo l’esempio di Einstein. E’ stato uno dei più grandi fisici della storia. Ha fatto delle scoperte rivoluzionarie. Eppure non andava bene a scuola. I voti negativi non hanno fatto di lui una persona “incapace”. Così dovrebbe essere per tutti. Nessuno deve farsi abbassare l’autostima da un voto basso. E’ chiaro che comunque lo studio è importantissimo, ma se i voti che vengono assegnati non rispecchiano tutto quell’impegno che l’alunno in questione ci ha messo, è inutile disperarsi o sentirsi un fallimento.
Noi non siamo e non saremo mai dei voti. Noi siamo esperienze, sentimenti, emozioni. Noi siamo sogni, desideri, iniziative. Noi siamo divertimento, curiosità, voglia di crescere. Noi siamo persone e come tali, non dobbiamo sentirci inquadrati in un numero, perché così questo numero diventa un sasso pesante che i ragazzi si caricano addosso e che condiziona la loro vita, che agisce come un freno a mano tirato che rallenta ed incide su scelte e direzioni. Non lasciamo che i voti incidano sul nostro benessere.
Clara Celeste Torres 3A