La comunità LGBT è una grande famiglia che comprende tutte le persone che non sono sicure delle proprie identità sessuali e si identificano come gay, bisessuali, transgender, ecc. E’ diffusa in tutto il mondo e facilmente, entrando in gruppi sui social, si possono organizzare raduni e incontri amichevoli dove si può fare conoscenza con altri ragazzi “incerti” sul proprio orientamento sessuale.
Agli studenti è stato chiesto di parlare della loro esperienza e dell’inclinazione sessuale:
“Credo che io abbia realizzato di non essere etero quando ho iniziato a provare un sentimento profondo nei confronti di una mia amica; ho poi capito di essermi innamorata di lei. Non credo che per ora lo dirò ad un adulto, avendo paura della sua reazione”. Afferma una studentessa tredicenne che poi aggiunge: “Nella mia classe più volte mi sono stati rivolti insulti omofobi, peraltro considerandoli ‘scherzi’. I nostri coetanei dovrebbero capire che questi discorsi non sono affatto divertenti e che alcuni stereotipi pregiudizievoli relativi agli individui gay o lesbiche possono risultare discriminatori e offensivi per sé”.
La tredicenne prosegue soffermandosi sul piano generico, dal punto di vista educativo: “Sarebbe utile diffondere una consapevolezza più matura all’interno delle istituzioni scolastiche circa la comunità LGBT+, in modo che i più piccoli imparino cosa sia davvero e non ne facciano più oggetto di scherno, seppure questo riguardi la mentalità e sarebbe da sradicare dall’intera società“.
Questo non è un racconto isolato, ma ce ne sono anche altri.
“Ho capito di essere bisessuale dopo essermi presa una cotta per la mia migliore amica” , inizia a raccontare una ragazza al secondo anno di scuola media. “E’ stato un po’ difficile da accettare all’inizio, poi, quando ho fatto coming out con mia sorella ho capito che avere diverse preferenze sessuali è del tutto normale. Ho già detto ad alcuni dei miei amici di essere attratta sia dai ragazzi che dalle ragazze e anche se tutti loro hanno reagito in maniera positiva, aspetterò qualche anno per dirlo ai miei genitori” confessa poi l’intervistata.
“Nella mia classe – prosegue – ho sentito più volte insulti omofobi utilizzati come se fossero un nonnulla e mi sono sentita profondamente ferita da tutto ciò in quanto gli adolescenti, in generale, dovrebbero essere in grado di distinguere un insulto da un appellativo amichevole. Credo che nelle scuole secondarie dovrebbero iniziare a spiegare cos’è la comunità LGBT+ e non, invece, ignorare la sua esistenza”, conclude.
Insomma, anche se le voci raccolte non sono molte, si è riuscito a carpire un pensiero unanime degli studenti della nostra scuola: i diritti LGBT+ vanno valorizzati e non discriminati.
Con queste testimonianze gli studenti sperano di attirare l’attenzione di presidi e professori affinché almeno nelle scuole si azzeri il concetto di diversità.
Martina Mastellone
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